Prendersi una pausa dal lavoro fa benissimo e aiuta a tenere alta l’attenzione e a migliorare la produttività. È infatti un diritto stabilito dalla legge e dai contratti di categoria, ma quanto deve durare?
L’art. 8 del D. Lgs. n. 66 del 2003 dice infatti che quando l’orario di lavoro eccede le sei ore, il lavoratore deve beneficiare di un intervallo, le cui modalità e la cui durata sono stabilite dai contratti collettivi di lavoro, ai fini del recupero delle energie psicofisiche e della eventuale consumazione del pasto e che non può essere di durata inferiore ai dieci minuti.
Per sei ore di lavoro quindi, la durata minima della pausa deve essere di dieci minuti. Poi entrano in gioco i contratti collettivi che possono disciplinare una pausa di durata diversa e migliorativa per le condizioni dei lavoratori, soprattutto in termini di salute e recupero sia fisico che mentale.
I lavoratori che passano molte ore davanti al computer infatti hanno diritto ad esempio, oltre ai dieci minuti ogni sei ore, anche di quindici minuti di stop ogni due ore continuative davanti al pc.
Se manca invece una disciplina collettiva, il Ministero del lavoro (circolare n. 8/2005) ha stabilito che è il datore di lavoro a decidere il momento della pausa, tenuto conto delle esigenze tecniche dell’attività lavorativa, in qualsiasi momento della giornata e non necessariamente successivamente alle sei ore.
Questa è la legge. Ma quanto tempo si passa davvero alla macchinetta?
Secondo i dati del Gidp (Gruppo intersettoriale direttori del personale), le pause caffè durano dai 5 ai 10 minuti nel 52% dei casi e da 10 a 15 nel 31%. Si fanno in media 2 o 3 volte al giorno, a cui si aggiungono però altre attività: oltre al caffè (31%), ci sono telefonate e mail personali (33%), uso di Internet (16%) e sigarette (12,5%).