Il caffè si è guadagnato un posto di rilievo anche nel Cinema. Ecco dieci pellicole indimenticabili, dai classici italiani a pellicole d’autore americane, dove Il rito del caffè diventa emblema della quotidianità, momento di pausa, abitudine irrinunciabile, metafora per spiegare sistemi economici oppure occasione per vendicarsi.

“Qualcuno sa dirmi perché il mio caffè non è ancora qui? È morta per caso? Dice Miranda Priestly in “Il diavolo veste Prada” (2006). Nel film diretto da David Frankel Anne Hathaway infatti corre per tutta New York con tazze di caffè in mano da portare su qualche scrivania.

 

“Coffee & Cigarettes” (2003), film indipendente di Jim Jarmusch è composto da undici cortometraggi che mettono al centro il tipico momento del “caffè e sigaretta”. Vari personaggi, da Roberto Benigni a Tom Waits, vengono ripresi all’interno di bar mentre, intenti a bere caffè e fumare sigarette, parlano di nulla e si scambiano opinioni sulla bevanda bollente. Una pellicola, che è diventata un vero e proprio manifesto sui piccoli piaceri della vita.

 

Anche in “Pulp Fiction” (1994) non manca un momento di pausa in un caffè. La scena di apertura è ambientata all’Hawthorne Grill, una piccola caffetteria di Los Angeles, dove tra un sorso di caffè lungo e un bacio romantico, una giovane coppia di amanti sta studiando il prossimo colpo.

 

E che dire di “Pensavo fosse amore…invece era un calesse” (1991) dove la sorella del libraio Amedeo, non riuscendo a conquistare Tommaso (Massimo Troisi) cerca di avvelenarlo mettendo veleno per topi nel caffè?

Poi “Bagdad Cafè” (1987), film ambientato in un caffè e motel nel deserto del Mojave, che diventa luogo di riscatto e conquista dove alla fine nessuno rinuncia a se stesso ma viene accettato per quello che è.

 

Caffè anche in “C’era una volta in America”  (1984), film diretto da Sergio Leone che narra, nell’arco di più di quarant’anni, le vicissitudini del criminale David “Noodles” Aaronson e dei suoi amici. In una delle scene un giovane De Niro mescola per lungo tempo, nel silenzio generale, il suo caffè.

 

In “Vieni avanti cretino” (1982), commedia italiana diretta da Luciano Salce e con Lino Banfi, il caffè viene ordinato davvero nei modi più impensabili.

In “Due o tre cose che so di lei “ (1967) film diretto da Jean-Luc Godard, una voce fuori campo sussurra invece riflessioni esistenziali, mentre la macchina da presa inquadra una tazzina di caffè, emblema della quotidianità.

 

Non può mancare poi “La banda degli onesti” (1956): una delle migliori pellicole della coppia Totò e Peppino. Assolutamente da vedere la scena dell’incontro in un bar dove ,attraverso il gesto quotidiano di bere il caffè, Totò illustra il sistema capitalista.

Infine, “Questi fantasmi” (1954), commedia teatrale di Eduardo De Filippo poi trasposta sul grande schermo e interpretata dallo stesso De Filippo che offre uno dei passaggi che più hanno onorato la tradizione del caffè come un vero e proprio rituale. In questo spezzone l’attore spiega che “a tutto rinuncerebbe tranne che a questa tazzina di caffè”. Per poi dispensare consigli sulla sua preparazione. Un’abitudine, diceva, che racchiude la poesia della vita.